001

Phu Ly, Vietnam. Marzo 2013

002

Phu Ly, Vietnam. Marzo 2013

003

Phu Ly, Vietnam. Marzo 2013

004

Phu Ly, Vietnam. Marzo 2013

005

Hoi An, Vietnam. Marzo 2013

006

Po Nagar, Vietnam. Marzo 2013

007

Hoi An, Vietnam. Marzo 2013

008

Ho Chi Minh, Vietnam. Marzo 2013

009

Po Nagar, Vietnam. Marzo 2013

010

Nha Trang, Vietnam. Marzo 2013

011

Hoi An, Vietnam. Marzo 2013

012

Thuy Son, Vietnam. Marzo 2013

013

Phú Xuyên, Vietnam. Marzo 2013

014

Hoan Kiem lake, Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

015

West lake Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

016

Ho Chi Minh, Vietnam. Marzo 2013

017

Hoan Kiem lake, Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

018

Hoan Kiem lake, Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

019

Hoan Kiem lake, Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

020

Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

021

Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

022

Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

023

Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

024

Hoi An, Vietnam. Marzo 2013

025

Ho Chi Minh, Vietnam. Marzo 2013

026

Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

027

Hoi An, Vietnam. Marzo 2013

028

Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

029

Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

030

Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

031

Nha Trang, Vietnam. Marzo 2013

032

Hoi An, Vietnam. Marzo 2013

033

Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

034

Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

035

Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

036

Ho Chi Minh, Vietnam. Marzo 2013

037

Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

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Hanoi, Vietnam. Marzo 2013

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Ho Chi Minh, Vietnam. Marzo 2013

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Ho Chi Minh, Vietnam. Marzo 2013

041

Hoi An, Vietnam. Marzo 2013

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Ho Chi Minh, Vietnam. Marzo 2013

 

 

My Vietnam

Il Vietnam è un luogo che è stato sottoposto a innumerevoli rappresentazioni, immaginato, reinventato, a volte tradito. Dal crocevia in cui sono confluiti cinema, letteratura e fotografia nei decenni si è formato un sostrato di conoscenza pregressa del paese, rendendo difficile liberare lo sguardo per poterne proporre una lettura differente. Vietnam vuol dire immaginare un posto da lontano, vuol dire Asia come massa geografica indistinta, l’altrove per eccellenza. Per anni quel nome ha persino rappresentato, a seguito dell’intervento militare americano, la messa in discussione dell’identità di un altro paese.

My Vietnam di Gianpaolo Arena si propone non come la cronaca di un paese ma come la descrizione per immagini dell’esperienza del viaggio, la documentazione del cambiamento del proprio modo di osservare. Molti sono gli strati di senso e di rappresentazione che si sovrappongono in questa ricerca: c’è il proprio sguardo sulle cose, c’è il confronto con ciò che non si conosce, diviso tra la reazione immediata che si ha ai luoghi e la memoria iconica che portiamo con noi nel viaggio, infine c’è il proprio stile fotografico.

Le immagini non fissano lo sguardo su qualcosa in particolare, per accogliere dentro l’inquadratura le strade, gli angoli, gli interni e i volti incontrati nel viaggio. Si ritrovano i grovigli di cavi elettrici agli incroci, la folla e gli scooter che riempiono le città, ma sono presenze distanti, mai guardati in quanto diversi, in una rappresentazione che suggerisce l’altro da sè e lo sconosciuto attraverso un linguaggio che cerca di far respirare le cose che fotografa.

Da decenni ormai la fotografia documentaria ha scoperto nella rappresentazione dell’ordinario una nuova possibilità di interrogare i luoghi e le storie che abitano una cittadina, una metropoli, un paese. Si tratta di uno stile che accomuna il lavoro di diversi artisti, e di cui alcuni tratti permeano anche My Vietnam: un certo uso del colore, una distanza di osservazione, il ritratto e il suo rapporto con l’ambiente.

Più di un autore ha parlato della necessità di uno sguardo democratico, di includere nelle immagini tutto ciò che siamo abituati a lasciar passare inosservato, per ripensare il concetto di evento fotografico. Spesso questo approccio è stato utilizzato per interrogare il mondo in cui il fotografo stesso abitava, per riscoprirlo e reinventarlo. My Vietnam ci racconta un luogo distante con l’apertura di sguardo con cui altri fotografi in passato hanno esplorato la geografia della loro vita quotidiana, suggerendoci in questo modo che l’altro da noi non è solo nei volti o nei gesti di popoli lontani, ma anche in uno sguardo diverso, come nel saper accettare di non poter comprendere tutto, e subito.

 

Testo a cura di Fabio Severo